Pozzo Leonardo (Pozzo Leo) è una cavità ubicata nella frazione di Ricetto, nel comune di Collalto Sabino (RI) , che fa parte della Riserva Regionale Naturale dei Monti Navegna e Cervia.
La cavità è localizzata nella parte sud orientale della Riserva nei pressi di Monte Piano (1118 m s.l.m.) in un territorio particolarmente carsico.
Quello di Pozzo Leonardo è di sicuro l’ambiente ipogeo più esteso e profondo mai esplorato in questo settore della Riserva.
Le prime esplorazioni effettuate dal GGFAQ risalgono all’anno 2003/2004 quando un membro del nostro gruppo ha segnalato la presenza di questa cavità.
Sul primo numero del Bollettino Sezionale pubblicato dopo il terremoto del 2009 n. 183 ‘’ I 10 anni del Gruppo Grotte e Forre “Francesco De Marchi”, un articolo descrive l’ambiente epigeo e le caratteristiche planimetriche:
‘’La grotta di Pozzo Leonardo presenta uno sviluppo verticale contenuto di circa 90 metri, ma quello che impressiona gli speleologi, oltre l’altissimo livello di concrezionamento sono le potenzialità della grotta: oltre 3000 metri di sviluppo (moderatamente acclive) tra inghiottitoi e risorgenze.
Il comprensorio dove si apre la cavità (a quota di poco superiore ai 1100 metri s.l.m.) è di grande suggestione e costituisce il tipico ambiente carsico epigeo, ma il raggiungimento risulta piuttosto malagevole data la presenza di rigogliosa vegetazione a basso fusto cresciuta intorno ad affioramenti calcarei.
L’area esterna evidenzia una forte erosione carsica dove si sono impostate doline e karren molto accentuati.
L’ingresso di Pozzo Leonardo si presenta con un’apertura di 1,2 metri e un salto profondo di 15 metri, creatosi da un crollo di una volta al margine di una dolina.
Nell’antro, ancora fiocamente illuminato dalla luce naturale, si aprono due rami discendenti: il primo chiuso da un piccolo laghetto dopo un breve tratto, il secondo prosegue su detrito e blocchi di calcare, fino a una parete ricoperta da lieve concrezionamento che sembra sbarrare la prosecuzione; ma a poco più di un metro da terra si apre una piccola fessura (larghezza 0,5 metri c.a.).
Una volta superato il pertugio ci si immette in una saletta di crollo (desumibile dall’assenza di stalattiti e stalagmiti) che, con ogni probabilità, conduceva ad altro ingresso (segno evidente sono i resti organici di piccoli animali ivi presenti).
La grotta prosegue con una piccola saletta debolmente concrezionata che, per stillicidio, risente immediatamente del regime delle precipitazioni meteoriche cosi come negli ambienti successivi; percorrendoli, non senza difficoltà data la volta bassa, si perviene a un’ultima strettoia cui segue una sala riccamente concrezionata.
Il pavimento è ricoperto per intero da grosse vaschette in lieve dislivello, mentre la volta (che obbliga a proseguire carponi) è costellata da piccole stalattiti a capelli d’angelo.
La parte destra è libera da qualsiasi forma di concrezionamento, mentre la parete sinistra è costituita da un suggestivo muro di stalattiti e stalagmiti fuse a formare vele e colonne di un bianco cangiante tali da rendere l’ambiente particolarmente suggestivo.
La stanza termina in pendenza su una strettoia verticale che apre su di un piccolo balconcino costituente la parte superiore di una grande colata calcarea caratterizzata da notevoli concrezioni lamellari e colonne di diametro notevole.
Da questo punto si apre una panoramica incredibile sul vastissimo canyon sottostante (i.e. Alberto Nardi) ricco di stalattiti, stalagmiti, colonne e una colata di grandi dimensioni (15 metri c.a); la grande sala presenta un’altezza di 25 metri, una larghezza compresa tra i 3 e i 10 metri e una lunghezza di 30.
Dopo un successivo salto di 15 metri la prosecuzione è ostruita da una grossa colata su cui è stata armata una risalita che conduce a una piccola sala adorna di numerosissime concrezioni.
La notevole quantità di acqua viene giù con una cascata in periodi intermittenti e percorre il canyon, il quale si attiva quando ci sono forti precipitazioni e che defluisce tramite una strettoia posta alla base della colata calcarea.
Questa strettoia di circa 4m di lunghezza porta all’ultimo pozzo che anch’esso inizia con una strettoia verticale di 1,5m per poi aprirsi a campana e mostrare una sala con bellissime concrezioni, alla base di detta sala l’acqua si insinua in un’ulteriore strettoia, parzialmente ostruita dal fango, che lascia presagire una continuazione della grotta”.
All’esplorazione, iniziata più di dieci anni fa, hanno partecipato tutti i membri del gruppo e tra i primi esploratori spiccano i nomi di Alberto Nardi e Sergio Gilioli; non meno importante è stata la collaborazione dello Speleoclub di Chieti, in particolare di Andrea Pietrolungo, e di Giovanni Merisio dello Speleo Club Orobico CAI di Bergamo.
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